Chiesa di San Michele Arcangelo
Benvenuti nella Chiesa di San Michele Arcangelo, uno scrigno di preziosi tesori e un gioiello del barocco isnellese, un trionfo di stucchi, intagli e tarsìe lignee.
Soffermatevi qualche istante ed entrate in sintonia con questo luogo che, sicuramente, catturerà il vostro stupore, affinché possiate indugiare su ogni dettaglio.
Antica chiesa parrocchiale, la sua costruzione è da collocare nel XIII-XIV sec. come si evince anche dallo stile della torre campanaria
La navata centrale è raccordata con una sola navata laterale, scavata nella roccia, attraverso tre archi che originariamente poggiavano su pilastri in pietra e di cui resta, originale, solamente quello appoggiato alla parete di fondo.
Nel corso del XVI sec., infatti, i pilastri in pietra furono sostituiti da raffinatissime colonne marmoree sormontate dall’effige della Madonna, visibile nella colonna centrale, o dallo stemma della famiglia dei Santacolomba, signori di Isnello, raffigurante appunto tre colombine, ben visibile sulla colonna che sorregge l’arco trionfale. Essendo sottodimensionate rispetto alla dimensione degli archi, purtroppo, sono all’origine dei problemi di statica che sempre hanno afflitto questa chiesa.
La chiesa, prima della decorazione a stucco, era tutta affrescata e una grande crocifissione dominava dalla parete di fondo del presbiterio. Di questa decorazione tardo quattrocentesca resta ben visibile e ben conservato il san Leonardo, accanto alla porta di ingresso, entrando sulla destra, e il san Silvestro, sul pilastro sinistro del presbiterio. Anteriori sono le tracce di affresco sotto l’organo.
Il maestoso arco che raccorda la navata col presbiterio è esaltato dalla raffigurazione in stucco policromo di una grande aquila in volo che regge un ricco festone di frutta e fiori.
L’organo del 1740, il pulpito e il tabernacolo di legno dorato posto sull’altare maggiore del 1707-1708 sono opere dello scultore Pietro Bencivinni da Polizzi. Il pulpito si erge sulla parete destra, particolari le nicchie separate da colonne tortili, contenenti le statuette dei tre arcangeli. Lo stesso intagliatore è autore della cantoria (a “nido di rondine”) dell’organo, realizzata nel 1740 e sostenuta da tre splendide pellicani in volo. Le nicchie della balconata contenevano le statue degli Angeli e degli Arcangeli che non sono più visibili in quanto oggetto di trafugazione. La peculiarità di questo fulgido esempio di barocco isnellese sta proprio nella ricchezza della dotazione lignea della chiesa. Pregevole è la macchina dell’altare maggiore in legno dorato realizzata nel 1623 da Francesco D’Arco e Antonio Macario e dorata da Vincenzo Mastruzzo che incornicia una Madonna delle Grazie su ardesia, opera della bottega di Pietro Novelli. Nelle nicchie laterali, le statue in legno dorato di San Michele, della metà del XVI sec., e di San Giuseppe, del XVII sec. Da rilevare la raffigurazione in alto di Dio Padre, raffigurato benedicente e con la caratteristica aureola triangolare simbolo di perfezione e della Trinità.
Di stucco sono anche le decorazioni che adornano il presbiterio e la navata, tra i quali emerge, sopra la porta di ingresso, la raffigurazione a grandezza naturale di un angelo musicante, affettuosamente e tradizionalmente chiamato dal popolo “Ternucaso”, identificato secondo l’aneddotica locale come emblema della bellezza maschile per le donne isnellesi (l’aneddoto viene citato nell’opera Folklore di Isnello di Cristoforo Grisanti).
Il dinamismo e lo scintillio degli stucchi, opera di Giacomo e Giovanni Messina, realizzati tra il 1716 e il 1727, dorati e dipinti da Gaspare Abbate, su committenza del Sacerdote Giuseppe Piraino, trovano coronamento ed esaltazione nella decorazione del tetto a capriate lignee del 1739 che, con il suo taglio quasi naif, dà una impronta di arcaicità a tutta la chiesa.
L’altare laterale sulla destra è sormontato dalla tela dei “SS.Diecimila Martiri” dell’artista palermitano Martino Russitto intorno al 1610, attribuita erroneamente in passato allo Zoppo di Gangi.
Sempre nella parete destra si può ammirare uno straordinario crocifisso ligneo attribuito a Frate Umile da Petralia che, però, si allontana dal “cliché pietista” di questo scultore per assumere, invece, nella proporzione delle forme e nella serenità dell’espressione, una impostazione classica. Nei crocifissi di sicura paternità sono ravvisabili degli elementi distintivi e degli stilemi personali che si ripetono sempre uguali nella produzione dell’autore senza evoluzione nel tempo: occhi socchiusi del Cristo morente, bocca semi-aperta, corona con numerosi giri di spine di cui una trafigge il sopracciglio sinistro, particolare forma del perizoma, lacerazioni della carne, copiose ferite ai polsi e caviglie provocate dalle funi.
Ragguardevole oltre a questo Crocifisso ligneo datato 1627, anche l’Ecce Homo in legno della prima metà del ‘600 di ignoto autore.
Il Cristo Crocefisso, i misteri del Cristo alla colonna, del Cristo Morto nel cataletto, osservabili nella navata laterale di sinistra, e l’Ecce Homo e la statua della Madonna Addolorata riposta su una nicchia entrando a destra, già nel 1627 erano usati per le processioni del Venerdì Santo.
La Chiesa di San Michele, infatti, è il centro della devozione del Venerdì Santo, per gli isnellesi un giorno di intensa religiosità. Memori ancora dei bei tempi della Casazza, in cui quadri viventi animavano la secolare processione serotina, gli abitanti del centro madonita rivivono la Passione di Cristo. Pare che il nome di questa tradizione esclusiva tragga origine da una vecchia casa vicina alla chiesa dove si riunivano i Confrati e dove i figuranti facevano le prove della rappresentazione, questi uscendo festanti e facendo baccano a sera tarda venivano denominati come “quelli della casazza”. Oggi, gli abitanti di Isnello vivono la processione del Venerdì Santo memori di questa simbolica e antichissima tradizione, coinvolti da un forte coinvolgimento religioso. La processione odierna ripropone infatti gli ultimi tre quadri dell’antica Casazza, inizia alle 22.00 e parte proprio da qui.
Le prime luci del giorno si confondono con le candele dei “sepurcra” riccamente parati.
Il Cristo, vegliato nella notte, reposto e nascosto alla vista dei fedeli, viene ripresentato in croce alle tre del pomeriggio.
Il Crocifisso è posto in basso, alla pubblica venerazione.
In tarda serata ha inizio la processione mesta della “Sulità”, termine di origine spagnola che riecheggia la Soledad (appellativo della Madonna Addolorata). Tre i simulacri che verranno accompagnati nel silenzio dalle tre confraternite, dal coro e dalla popolazione commossa: il Crocifisso, il Cristo morto nel cataletto e l’Addolorata. Quando ha inizio la processione queste tre vare escono in corteo in sequenza. Il Crocifisso è portato dalla Confraternita di San Michele, mentre il cataletto con gli alabardieri è seguito dalla Confraternita di Santa Maria, segue l’ Addolorata portata a spalla da circa dodici donne del popolo vestite rigorosamente di nero in segno di lutto. Alla processione partecipano, come di consueto, anche il coro, la banda musicale e i fedeli. Terminato il tipico tragitto processionale vi è una fermata in piazza Mazzini in cui il prete dall’alto di un balcone enuncia la predica e dona la santa benedizione. Il rientro verso la chiesa di
San Michele vede le vare entrare in ordine inverso rispetto alla partenza iniziale, quindi, prima l’Addolorata, poi il cataletto con Cristo e infine il Crocifisso. Il Crocifisso prima di essere deposto sull’ altare è deposto a terra per essere baciato dai fedeli.
La processione si svolge in tale forma da secoli, fino agli anni Cinquanta del secolo scorso era preceduta, ogni 5 o 8 anni, dalla sfilata dei gruppi viventi della “Casazza” che narrava la storia della Redenzione. Nonostante sia una tradizione molto lontana nel tempo gli isnellesi ne custodiscono ancora gelosamente il ricordo. In Sicilia, con il vocabolo Casazza si intende generalmente la rievocazione scenica, in quadri mobili della vita di Gesù Cristo. La rappresentazione composta da vari quadri o scene poste in sequenza si svolge in forma processionale ed ha come tema la storia della salvezza, in particolare la storia della Passione e Morte di Gesù.
In un articolo del 1897 dal titolo “La grande Processione del Venerdì Santo ad Isnello”, Cristoforo Grisanti ne descrive tutta la sua spettacolarità, distinguendo due tipi processione del Venerdì Santo: una detta “nica” o “sùlità” che era quella abituale, nella quale (come avviene ancora oggi) si conduceva per le strade principali del paese l’immagine di Gesù in croce e steso su una bara portata da otto alabardieri vestiti con l’antico costume romano, chiamati dal popolo “lapardei”, e l’immagine dell’Addolorata; l’altra, “grande” o “Casazza” in cui si rappresentavano i principali fatti ed i più importanti misteri del Nuovo Testamento a partire dall’annunciazione o, prima ancora, dal Profeta Isaia, alla morte di Gesù. Testualmente: ‹‹Quasi tutti i paesi cattolici commemorano il Venerdì Santo la passione di Gesù, portando processionalmente per le vie la sacra immagine di lui deposto dalla Croce. In Isnello questa pia usanza non manca: la processione ha luogo dall’una di notte in poi e parte essa dalla prima ora di notte in poi, e parte essa dalla chiesa di S. Michele Arcangelo, dove ha sede la pia Congregazione che ne ha cura. Trascurarla è difficile, direi impossibile; il popolo ad ogni costo la reclama. […] Questa processione però non sempre si esegue colla medesima solennità. Se si conduce in giro l’ immagine di Gesù in croce, steso su una bara portata da otto alabardieri vestiti all’ antico costume romano, che il popolino chiamava lapardei, e quella dell’ Addolorata essa perché semplice e modestissima, vien detta nica (piccola) o della sulità; se poi per mezzo di persone, tutte in costume orientale, si rappresentano i principali fatti e i più importanti misteri del Nuovo Testamento, a partire dall’ Annunziazione della vergine alla morte di Gesù, allora la processione vien detta grande o casazza, perché davvero ci è il bisogno di molta gente, di molte cure e di molte spese per riuscirvi.[….]››. Non soltanto i più anziani ne raccontano l’ esecuzione ai giovani proprio per sottolineare il carattere straordinario dell’ evento ma anche studiosi vi hanno dedicato delle ricerche, così ne parla Riggio: ‹‹Il termine Casazza, nel significato di sacra rappresentazione, in Sicilia è tipicamente ed esclusivamente isnellese. Chiunque recentemente ha dato tale nome a manifestazioni simili, che sempre più si son moltiplicate negli ultimi 50 anni, lo ha preso da Isnello, dopo la risonanza regionale che la stessa ebbe nell’ ultima edizione del 1950. Un riferimento tuttavia va fatto a simile rappresentazione sacra che si svolge ad Avola fin dall’ inizio del XVII secolo […] La sacra rappresentazione d’ Isnello racconta la vita di Cristo dall’ Annunciazione alla sua morte, introdotta dalla recitazione di un testo composito di più versetti del profeta Isaia. Un incipit di chiara connotazione dottrinale, tipico di ogni composizione in campo liturgico, che insegna il valore salvifico dei fatti oggetto della rappresentazione che segue: ‘Sorgi, ricevi la luce o Gerusalemme; perché la tua luce è venuta e la gloria del Signore è spuntata sopra di te’. La tipicità ed esclusività della Casazza è dovuta all’ origine, alla natura, al significato culturale, alla corale partecipazione di un’intera popolazione, che in essa vive ed afferma la sua identità spirituale, la creatività, i valori forti che ne determinano l’esistenza. La sua contestualizzazione nel triduo pasquale la differenzia da qualsiasi altra sacra rappresentazione che possa qualificare il folklore religioso di tanti paesi, e le dà la connotazione di paraliturgia, risultando essa la Grande Processione del Venerdì Santo. La prima notizia certa della Casazza risale al Venerdì Santo del 1627, quando fu realizzata dalla Confraternita della Presentazione al Tempio, che
aveva sede nella chiesa di San Michele.›› La Casazza di Isnello, dunque, non può e non deve essere considerata una manifestazione folkloristica-religiosa in quanto essa si caratterizza essenzialmente come azione paraliturgica all’interno del triduo pasquale. Come tale essa è unica. Tipicamente isnellese, non ha niente a che vedere, tranne per la stessa forma di drammatizzazione, con tutte le altre sacre rappresentazioni che ancora oggi in più parti si recitano. La Casazza di Isnello, insomma, non si recitava ma si celebrava. Ne è conservata memoria nel cortometraggio “Passione a Isnello” (di Ugo Fasano, 1950 – Phoenix, Roma), pare che anche da tale documentario Pasolini abbia tratto diversi spunti per la realizzazione del suo noto “Dal Vangelo secondo Matteo”.
Proseguite con noi il percorso alla scoperta dei Tesori e delle Tradizioni di Isnell